domenica 30 novembre 2008

Lettera alla vita

Sei qui accanto a me da sempre eppure ti ignoro da sempre. Sei la vita. Un mistero assoluto.

Sono giorni che ti penso e ho deciso di ringraziarti. Ti ringrazio perché esisti, perché hai una forza incredibile: quella di andare avanti sempre e comunque. A volte questo sembra un segno di stupidità ma, a pensarci bene, è la forma di intelligenza più straordinaria che qualcuno abbia mai concepito. Fermarsi, tornare indietro, sarebbe arrendersi e l'alternativa alla vita è la morte, il nulla o almeno il nulla nella nostra capacità di percezione e comprensione. A volte ti ho odiato perché avrei voluto fermare un istante, un momento prezioso, ma poi mi sono reso conto che le cose per esser preziose non devono avere il tasto "replay". Il loro essere prezioso è analogo al tuo: l'irripetibilità.
Ci sono sguardi, sensazioni, gesti, rumori (come la pioggia che cade in questo momento) che hanno un valore che va al di là della nostra comprensione. Il respiro di un figlio mentre dorme, il sorriso dell'altra parte di te quando la incontri, il pianto di chi sta soffrendo...
Qualche giorno fa, in uno dei flash di memoria che di tanto in tanto mi capita di avere, mi è tornato in mente un momento particolarissimo: il giorno in cui ho accompagnato mio padre in sedia a rotelle per un incidente a dare l'ultimo saluto a mio nonno. Gli ho sentito dire questo: "ti ricordi quando si andava alle gocette?" [ti ricordi quando si andava a caccia di scoiattoli?]. Il quel momento ho pensato quanto strana tu sia. Non hai proposto a mio padre il ricordo di un momento straordinario, di un giorno unico della vita, ma un ricordo all'apparenza banale, semplice. Forse (ma forse) il trucco sta proprio in questo: tu sei sempre presente, in ogni momento, e ogni momento è straordinario anche se non ne ce ne accorgiamo. La natura straordinaria di quell'attimo si riassume nella sua irripetibilità. Mio padre ha capito nel giorno della morte di suo padre che era definitivamente impossibile ripetere quell'esperienza che era la normalità di molti anni fa.
Tu sei la normalità, quella normalità che rappresenta lo straordinario cammino delle persone comuni (ma io credo anche di quelle straordinarie, dato che tutti siamo entrambe le cose). Non mi hai mai chiesto niente e io forse ti ho dato tanto. Ma tu mi dai ogni giorno di più. mi metti alla prova, mi dai punizioni e premi. Mi costringi ad andare avanti quando sembrerebbe comodo sedersi lungo il sentiero dell'esistenza, mettersi da parte ad aspettare o, addirittura, nascondersi. Mi freni quando l'entusiasmo vorrebbe spingermi oltre la frontiera di quello che è nelle mie possibilità eppure in quello stesso momento mi aiuti a spostare un po' oltre quella barriera apparentemente invalicabile. Mi regali quella saggezza che ognuno di noi ha senza saperlo e quell'incoscienza tipica della gioventù che andando avanti con gli anni mi meraviglio di avere.
E mentre tu sai tutto di me, io non so niente. Anzi, per anni ho fatto finta di non vederti, solo perché era ovvio che tu fossi lì.
A volte mi chiedo: "e se mi lasciasse?". Quando provo a rispondermi sento un freddo che mi pervade, un freddo strano, privo di umore, di sensazioni. Poi mi chiedo perché dovresti farlo e, ti confido, non trovo alcuna risposta. Non capisco nemmeno cosa può voler dire, giacché non capisco dove stanno i tuoi confini. Quella che chiamiamo "morte" è realmente la tua fine o solo un momento della tua trasformazione. Puoi veramente finire o sei infinita? Oppure non puoi finire poiché sei straordinaria si, ma anche falsa, pura invenzione di queste menti contorte di noi esseri umani?
Non voglio pensarci, è come pensare cosa sarebbe la vita senza un amore quando si è innamorati o senza un figlio quando si è genitori. Voglio solo brindare a te e trascriverti alcune frasi che da anni viaggiano con me e credo dicano molto su di noi....

Giovane donna dal fresco volto, non voglio conoscere il tuo nome. Non voglio coltivare né accrescere il mio amore per te. Tu non sei la meta del mio amore, ma il suo impulso. Questo amore io lo regalo ai fiori del sentiero, al lampo del sole nella coppa del vino, ai rossi bulbi del campanile. Tu mi permetti di essere innamorato del mondo. [hermann hesse]

domenica 6 luglio 2008

Nella Terra di Mezzo

"Ho cercato di spiegare ai miei genitori che la vita è uno strano regalo. All'inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di aver ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta, lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo. Infine ci si rende conto che non era un regalo, ma solo un prestito. Allora si cerca di meritarlo. Io che ho cent'anni, so di cosa parlo. Più si invecchia, più bisogna dar prova di gusto per apprezzare la vita. Si deve diventare raffinati, artisti. Qualunque cretino può godere della vita a dieci o vent'anni, ma a cento, quando non ci si può più muovere, bisogna avvalersi della propria intelligenza."
E' Oscar che parla, un bambino uscito dalla penna di Eric-Emmanuel Schimitt destinato a vivere la propria vita in dieci giorni (un decennio al giorno) perché dal reparto di oncologia in cui si trova non potrà far altro che scappare, ma non certo venirne via guarito. Un cammino breve, più breve di quanto ci si può aspettare, ma intenso, più intenso di molte vite da centenario.
E una risposta, forse: c'è un'età di mezzo in cui non si è più abbastanza cretini per godere della vita ma anche non abbastanza artisti (e intelligenti) per apprezzarne ogni momento. C'è una terra di mezzo in cui ci si trova a girovagare smarriti, in cerca di un perché che non esiste. E' una terra nella quale non capiamo, forse, che l'importante non è avere risposte ma avere domande.
E in settimana (quando Oscar era ancora all'età di un bambino) io ho posto la mia domanda. Durante il cammino ho fatto una pausa, sono entrato in una chiesa, ho guardato la statua della Madonna e ho chiesto un segno, qualcosa che mi facesse capire di essere sulla strada giusta. Il giorno dopo ho avuto una risposta, forse. Mi si è avvicinata una ragazza che mi ha detto di avere un messaggio da parte di una delle due signore che mi sono accanto da sempre. Il messaggio era semplice: "questa è la risposta alla tua domanda di ieri". Sono rimasto attonito, incredulo: la ragazza non poteva sapere ma diceva di vedere delle persone accanto a me, persone defunte che mi seguono in ogni momento, che davano una risposta alla mia domanda di piccolo uomo smarrito nella terra di mezzo.
E' aumentato lo smarrimento, poi sono stato pervaso da un senso di appagamento, dalla sensazione di essere sulla strada buona, di poter proseguire sicuro nonostante ancora non abbia capito qual è la strada che percorro...

domenica 22 giugno 2008

partire è un po' perdersi

Camminare è l'essenza stessa della mia vita. Camminare in compagnia, camminare in piena solitudine, camminare sotto il sole, camminare sotto la pioggia, purché sia camminare. Ma il cammino è anche metafora della vita...
Oggi inizio un nuovo cammino: per la prima volta scrivo un blog. E' uno dei tanti cammini della mia vita e, se ci penso bene, non ce ne è uno che sia iniziato avendo chiaro il percorso... non ce ne è nemmeno uno arrivato in un luogo (in senso lato) preciso. Vago tra i ricordi, ma non ne trovo proprio uno che sia arrivato dove volevo andare...
In fondo le migliori camminate sono quelle in cui ti perdi, quelle in cui l'itinerario cambia continuamente, magari seguendo un'emozione, una sensazione...
Così, confusamente, inizio questo nuovo cammino... non so perché e per dove, ma il cammino ha appena avuto inizio.
Non posso che augurarmi un buon cammino citando chi spesso sintetizza i miei pensieri senza conoscermi: "lo Straordinario risiede nel Cammino delle Persone Comuni" (P. Coelho, "Il Cammino di Santiago").

Sono partito...